Saturday, September 19, 2009

Carlo Sini e i suoi pensieri controvento

La filosofia è come la nottola di Minerva diceva Hegel, per pensare il suo tempo si alza al tramonto. Ma in un’epoca di passaggio come la nostra che si trasforma attraverso gli scossoni delle tecnologie della comunicazione, quando il sole del cambiamento è sempre alto, può il filosofo farsi carico di pensare questo continuo presente tecnologico? Carlo Sini, uno dei più importanti pensatori italiani, ci ha provato col suo ultimo libro L’uomo, la macchina, l’automa (Bollati Boringhieri) nel quale scandaglia l’antico sogno della macchina pensante per vedere come le radici del futuro prossimo affondino nel passato remoto.
Computer, web, cellulari: Sini ragiona senza parteggiare per gli apocalittici o per gli integrati («che senso ha schierarsi? Come dirsi a favore o contro l’alfabeto o il linguaggio» dice). Piuttosto, ad alcune domande mirate, risponde controvento, rifiutando lo stereotipo del filosofo avverso alla tecnologia e scavando – genealogicamente, direbbe lui – sotto la crosta di quel che sembra a prima vista indubitabile.
Primo pensiero controvento: la memoria è trasformazione non conservazione. La facoltà di trattenere nella mente sarebbe in pericolo a causa dei supporti digitali che la surrogano e dello stile di lettura che monitor e derivati impongono. Google ci starebbe rendendo stupidi e anche distratti. «I computer, le macchine in generale – spiega Sini – non dimenticano e per questo motivo non ricordano. Non hanno memoria in senso stretto. Non bisogna confondere la memoria come trasformazione “esosomatica”, una banca dati o un archivio con l’atto del ricordare che ha come suo corrispondente, come suo cuore, la capacità di dimenticare». La memoria sceglie, seleziona, informazioni in funzioni di interessi, non è un contenitore da riempire.
I computer non hanno memoria perché non trasformano i ricordi, non li rielaborano, perché «ricordare significa trasformare continuamente in maniera interpretativa il nostro passato». Niente isterismi, ci vuole serenità di fronte all’immane trasformazione tecnologica in corso.
Secondo pensiero controvento: l’uomo è figlio della tecnica. I filosofi fin dai tempi di Platone sono ostili alla tecnica. Un certo snobismo intellettuale che dura fino a oggi. Addirittura c’è chi (Martin Heidegger) l’ha considerata un rischio supremo per l’uomo. Sini risponde così alla tradizione: «La tecnica è l’uomo, l’uomo è un essere tecnico per definizione, per essenza, e il timore che l’umanità vada a ridursi nella macchina è fuori luogo. Perché la macchina è quanto c’è di più umano nell’uomo». Uomo e tecnologia, prosegue Sini, sono parto l’uno dell’altra, fin dalla prima strumentazione che il neonato si trova a disposizione – la mano e la voce – che in una collaborazione di decine di migliaia di anni hanno dato luogo alla scrittura alfabetica.
Terzo pensiero controvento: internet e i pc non sono la morte della cultura. Carlo Sini si è occupato dell’alfabeto da filosofo fin da quando vocali e consonanti erano studiati solo da linguisti o antropologi. È nella scrittura che ha luogo e sede la razionalità occidentale, spiega Sini. Ma che succede quando le modalità alfabetiche della nostra cultura subiscono uno shock come quello che hanno inferto digitalizzazione dell’informazione e l’avvento della rete? Siamo entrati nell’epoca del «lutto per la scrittura», come annunciava preoccupato Time qualche settimana fa? Timori infondati. «Sebbene tutto il sapere occidentale sarebbe impensabile senza la scrittura alfabetica, internet è un luogo non di morte ma di grande rilancio della potenzialità di diffusione per la libertà della cultura». E prosegue il filosofo «se le nuove modalità di scrittura si trasferiscono su supporti nuovi ciò non potrà non avere una conseguenza grandiosa sulle nostre anime».
«Grandiosa», dice proprio così l’autore di Etica della scrittura (Mimesis) e Filosofia e scrittura (Laterza). E questa «grandissima rivoluzione», conclude Sini, creerà soggetti che non sono più eurocentrici, «ma che inglobano una visione più ampia della storia dei saperi umani, per esempio un incontro con le scritture geroglifiche e ideogrammatiche dell’oriente e ciò vorrà dire un nuovo futuro».
(Nova 24 - 10 settembre 2009)

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