Nicholas Carr ha scritto qualche giorno fa di come ci si abitua rapidamente a ciò che la nuova tecnologia ci suggerisce e che di primo acchitto ci fa molta fatica fare. Twittare in 140 caratteri sembrava impossibile: come far stare un pensiero sensato in poche parole? Eppure, funziona, si fa, anzi, pare non se ne possa fare a meno.I think our alphabetic system of writing may be doomed. It doesn't work well with realtime communication. That's why people are forced to use all sorts of abbreviations and symbols - the alphabet's just too damn slow. In the end, I bet we move back to a purely hieroglyphic system of writing, with the number of available symbols limited to what can fit onto a smartphone keypad. Honestly, I think that communicating effectively in realtime requires no more than 25 or 30 units of meaning.
Give me 30 glyphs and a URL shortener, and I'm good.
Poi, come qualche altro dei tecnologhi più in vista, Carr ha il coraggio di buttarsi tipico degli anglosassoni e degli americani in particolare. Prova a leggere e interpretare i segni dell'oggi in chiave futura. Qui sostiene che l'alafabeto è destinato a scomparire a favore di un ritorno a una qualche sorta di geroglifico, sistema più economico, apparentemente.
Tuttavia, solo apparentemente, i geroglifici sono più semplici delle 20 e rotte lettere dell'alfabeto. La banalotta idea dei segni pregni di significato al posto di quelli arbitrari non regge. Si pensi che nel posto dove si usavano stilizzazioni di immagini - l'antico Egitto - esistevano degli scrittori-lettori di professione che dedicavano la loro vita a quel mestiere. Altro che semplificazione, una catastrofe comunicativa.
L'alfabeto con la sua semplicità ha spazzato via la complicatissima prassi di scrittura e lettura geroglifica. La democraticità e semplicità dei 140 digits non potrà mai sopportare il ritorno alla convenzionalità geroglifica.
Gli ideogrammi giapponesi sono stati già sconfitti, il cinese se la rischia molto, se non fosse che sono un miliardo e mezzo di persone. Ma in the long run, non c'è scampo, l'alfabeto vince.
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