Wednesday, September 30, 2009

Indorare la pillola

Dopo Fruttero e Lucentini, Ludwig Wittgenstein, Carlo Sini, John Fante, Pino Roveredo, mi ha colto un'altra mania compulsiva di lettura dell'opera completa: Cass Sunstein. Adesso mi sto leggendo questo sul paternalismo libertario, ovvero come spingere qualcuno a fare qualcosa senza che lui se ne accorga. Lui, Sunstein, paternalista è paternalista (si veda Republic.com) epperò, per ora, si fa leggere.

Wednesday, September 23, 2009

Dicerie e untori

«Il proiettile è un foglietto calunnioso, anonimo, privo di alcun valore». E ancora: «La diceria medial-poliziesca ripetuta tre o quattro volte assume presto la qualità di una prova storica». Giuseppe D’Avanzo spiega su «la Repubblica» del 3 settembre come il caso Boffo sia stato costruito ad arte. Il direttore del giornale della Cei è stato fatto fuori con un «killeraggio» – Gianfranco Fini dixit – a mezzo stampa. L’arma qui è un foglio di carta che riporta una voce che circolerebbe.
La rivoltella del pettegolezzo politico spara a ripetizione. Scrive Vittorio Feltri in prima sul «Giornale» il 14 settembre: «Oggi tocca al premier, domani potrebbe toccare al presidente della Camera. È sufficiente – per dire – ripescare un fascicolo del 2000 su faccende a luci rosse riguardanti personaggi di Alleanza Nazionale per montare uno scandalo. Meglio non svegliare il can che dorme». Di nuovo, lo strumento di offesa politica qual è? La voce che circola per i corridoi di Montecitorio. Nell’epoca in cui il privato è divenuto politico, la diceria non può che essere uno strumento legittimo lotta tra poteri che funziona benissimo per dettare l’agenda e mettere in difficoltà, distruggere l’avversario.
«Un tratto tipico di quasi tutti i rumors», scrive Sergio Benvenuto nell’ottimo Dicerie e pettegolezzi (il Mulino), «è l’essere una sorta di apologo morale, che mette in guardia contro qualcosa o qualcuno». La diceria ha uno strascico perché dietro a ogni rumor c’è una condanna, la condanna di una morale condivisa. Cosa c’è di peggio, di più esemplare e disdicevole per una morale bacchettona, di un omosessuale molestatore che dirige il quotidiano dei vescovi e muove qualche critica all’uso disinvolto del sesso da parte del Presidente del consiglio?
Non è proprio il «contrappasso» che Vittorio Feltri («Il Giornale» 28 agosto) chiama in causa nella vicenda Boffo? «Il supermoralista condannato per molestie» era il titolo del suo editoriale. C’è qualcosa di più succulento? E la chiusa dell’articolo ha la morale come una favola di Esopo: «Il problema è che in campo sessuale ciascuno ha le sue debolezze ed è bene evitare di indagare su quelle del prossimo. Altrimenti succede di scoprire che il capo dei moralisti scatenati nel vituperare il capo del governo riveli di essere come quel bue che dava del cornuto all’asino».
Il problema col pettegolezzo è che non basta dimostrarne l’infondatezza per farlo uscire dal mercato delle notizie. È uno strumento della retorica non della logica, la diceria deve essere verosimile non vera. Lo spiega bene il politologo Cass Sunstein in un libretto in uscita proprio in questi giorni negli Usa. On Rumors (Farrar, Strauss and Giroux) è una fenomenologia tascabile che intende rispondere a due domande: Perché accettiamo voci anche assurde e le diamo per vere? Cosa possiamo fare per difenderci da queste voci?
«Definiamo rumors – spiega Sunstein – quel termine che si riferisce a un fatto che non è stato dimostrato come vero e che riceve la credibilità non da un’evidenza diretta che lo supporta, ma solo perché altre persone sembrano crederlo». Una voce è vera perché qualcuno ci crede e perché qualcuno la metto in giro affermando che è vera.
Le dicerie si diffondono come un virus e la medicina, nel mondo perfetto, dovrebbe essere la libertà d’espressione. Immettiamo la pseudo-notizia e la sua confutazione sul mercato e alla fine il bene e il vero trionferanno. Sarebbe bello ma purtroppo, spiega Sunstein, le cose non vanno così. Spesso le persone s’informano in un modo viziato (biased assimilation) e allora è difficile farle ricredere.
Obama amico dei terroristi o Obama musulmano, sono rumors che con difficoltà sono stati smontati dall’entourage del presidente nei mesi scorsi. Sunstein ricorda anche il lavoro fatto con Fight the Smears il sito che Obama ha usato durante la campagna elettorale per combattere le voci false che venivano fatte circolare contro di lui.
Un fenomeno analogo è capitato in questi giorni in Italia. Vittima il presidente della Camera. Gianfranco Fini il compagno, Fini rema contro Berlusconi, trama alle spalle del governo, Fini il laicista abortista, e ora invischiato in uno scandalo a luci rosse a Montecitorio. Che c’è di dimostrato in quest’escalation di accuse? Poco o nulla. Si attribuisce a Fini qualcosa che manca del dato fondamentale dell’informazione: la certificazione della fonte. E quindi della possibilità di mettere in discussione la notizia.
I primi a dar per buona una voce sono quelli che ne sanno di meno del quid o del personaggio in questione. Poi, pecora dopo pecora, il gregge si allarga fino a inglobare anche coloro che dovrebbero avere qualche strumento critico in più per smontare il pettegolezzo. Nota Sunstein, anche tra i più informati ci saranno quelli che si chiederanno: se lo crede così tanta gente possibile che questa voce non sia fondata?
Il meccanismo esplosivo del passaparola è analogo a quello della rete, il vecchio pallino critico di Sunstein fin dai tempi di Republic.com (il Mulino). Blog e social network sono i propagatori perfetti dei rumors. Di link in link, di like in like, il ruscello diviene fiume inarrestabile.
Il cardine della propagazione virale delle voci sono i facilitatori. Siano il partito e le Chiese, il blog di riferimento o il giornale che si legge abitualmente, l’opinione pubblica spesso si appoggia ad altro per farsi un’idea, per prenderla per buona o meno. E se il propagatore è furbo – scrive Sunstein – sottolineerà che la voce che riporta la condividono anche tanti altri facendo leva sul conformismo diffuso: lo sanno tutti quel che capitava a Montecitorio, la conoscevano tutti i direttori dei giornali la vicenda di Dino Boffo.
Un’alchimia della diceria che aiuta la polarizzazione delle opinioni. Se siamo in tanti a pensarla in un modo, allora l’idea che abbiamo è giusta e dobbiamo difenderla. Più siamo, più diminuiscono i dubbi, più aumenta la sicurezza e l’estremismo. Per questo motivo non è facile combattere una voce negativa che circola sui media. Addirittura può accadere che provare a correggerla, cercando di dimostrare la sua infondatezza, finisca per avere l’effetto contrario, accreditandola ancora di più come vera: «se X vuole confutare la diceria y, significa che y non deve poi essere una sciocchezza».
Si diceva che per Sunstein lo strumento principale di propagazione delle dicerie è il web. Con l’abbattimento delle barriere e dei filtri, Internet ha anche esposto gli individui a un pericolo di diffamazione superiore. E per personaggi pubblici – come il suo attuale datore di lavoro, scrive malignamente il «New York Post» a proposito delle preoccupazioni di Sunstein – questo può essere un problema serio. «Uno dei grandi rischi dell’era dei blogger e di YouTube – scrive il politologo – è che le nostre affermazioni e azioni possono non solo essere archiviate per sempre ma anche controllate così da vicino che ognuna di esse può essere estrapolata dal contesto e scelta per rappresentare qualcosa di generale, magari di oscuro e allarmante».
In Italia l’impatto dell’informazione on line sull’opinione pubblica è minore rispetto agli Usa. Le dicerie da noi rimbalzano ancora tra i media tradizionali, giornali e tv. Eppure le preoccupazioni di Sunstein sulla ridefinizione della libertà d’espressione e di ostacolare «killeraggi» a mezzo stampa, ci riguardano.
Internet ha trasformato il mercato delle informazioni ed è giunto il momento di prenderne atto e di correre ai ripari. Senza auspicare la censura, spiega Sunstein, ma introducendo alcuni meccanismi di «raffreddamento» (chilling effect) che possano combattere la propagazione virale delle dicerie. Ogni mercato ha bisogno di standard e di regole di base; nessun mercato funzione in assoluta libertà, afferma il politologo, per chiudere in un coraggioso (azzardato?): «non è scontato che l’attuale sistema di regolamentazione per la libertà di parola sia quello che vorremmo o dovremmo scegliere per l’era di Internet».

Saturday, September 19, 2009

Carlo Sini e i suoi pensieri controvento

La filosofia è come la nottola di Minerva diceva Hegel, per pensare il suo tempo si alza al tramonto. Ma in un’epoca di passaggio come la nostra che si trasforma attraverso gli scossoni delle tecnologie della comunicazione, quando il sole del cambiamento è sempre alto, può il filosofo farsi carico di pensare questo continuo presente tecnologico? Carlo Sini, uno dei più importanti pensatori italiani, ci ha provato col suo ultimo libro L’uomo, la macchina, l’automa (Bollati Boringhieri) nel quale scandaglia l’antico sogno della macchina pensante per vedere come le radici del futuro prossimo affondino nel passato remoto.
Computer, web, cellulari: Sini ragiona senza parteggiare per gli apocalittici o per gli integrati («che senso ha schierarsi? Come dirsi a favore o contro l’alfabeto o il linguaggio» dice). Piuttosto, ad alcune domande mirate, risponde controvento, rifiutando lo stereotipo del filosofo avverso alla tecnologia e scavando – genealogicamente, direbbe lui – sotto la crosta di quel che sembra a prima vista indubitabile.
Primo pensiero controvento: la memoria è trasformazione non conservazione. La facoltà di trattenere nella mente sarebbe in pericolo a causa dei supporti digitali che la surrogano e dello stile di lettura che monitor e derivati impongono. Google ci starebbe rendendo stupidi e anche distratti. «I computer, le macchine in generale – spiega Sini – non dimenticano e per questo motivo non ricordano. Non hanno memoria in senso stretto. Non bisogna confondere la memoria come trasformazione “esosomatica”, una banca dati o un archivio con l’atto del ricordare che ha come suo corrispondente, come suo cuore, la capacità di dimenticare». La memoria sceglie, seleziona, informazioni in funzioni di interessi, non è un contenitore da riempire.
I computer non hanno memoria perché non trasformano i ricordi, non li rielaborano, perché «ricordare significa trasformare continuamente in maniera interpretativa il nostro passato». Niente isterismi, ci vuole serenità di fronte all’immane trasformazione tecnologica in corso.
Secondo pensiero controvento: l’uomo è figlio della tecnica. I filosofi fin dai tempi di Platone sono ostili alla tecnica. Un certo snobismo intellettuale che dura fino a oggi. Addirittura c’è chi (Martin Heidegger) l’ha considerata un rischio supremo per l’uomo. Sini risponde così alla tradizione: «La tecnica è l’uomo, l’uomo è un essere tecnico per definizione, per essenza, e il timore che l’umanità vada a ridursi nella macchina è fuori luogo. Perché la macchina è quanto c’è di più umano nell’uomo». Uomo e tecnologia, prosegue Sini, sono parto l’uno dell’altra, fin dalla prima strumentazione che il neonato si trova a disposizione – la mano e la voce – che in una collaborazione di decine di migliaia di anni hanno dato luogo alla scrittura alfabetica.
Terzo pensiero controvento: internet e i pc non sono la morte della cultura. Carlo Sini si è occupato dell’alfabeto da filosofo fin da quando vocali e consonanti erano studiati solo da linguisti o antropologi. È nella scrittura che ha luogo e sede la razionalità occidentale, spiega Sini. Ma che succede quando le modalità alfabetiche della nostra cultura subiscono uno shock come quello che hanno inferto digitalizzazione dell’informazione e l’avvento della rete? Siamo entrati nell’epoca del «lutto per la scrittura», come annunciava preoccupato Time qualche settimana fa? Timori infondati. «Sebbene tutto il sapere occidentale sarebbe impensabile senza la scrittura alfabetica, internet è un luogo non di morte ma di grande rilancio della potenzialità di diffusione per la libertà della cultura». E prosegue il filosofo «se le nuove modalità di scrittura si trasferiscono su supporti nuovi ciò non potrà non avere una conseguenza grandiosa sulle nostre anime».
«Grandiosa», dice proprio così l’autore di Etica della scrittura (Mimesis) e Filosofia e scrittura (Laterza). E questa «grandissima rivoluzione», conclude Sini, creerà soggetti che non sono più eurocentrici, «ma che inglobano una visione più ampia della storia dei saperi umani, per esempio un incontro con le scritture geroglifiche e ideogrammatiche dell’oriente e ciò vorrà dire un nuovo futuro».
(Nova 24 - 10 settembre 2009)

Un po' di sano moralismo

Che questa ragazza sia una deputata europea (del Pirate Party svedese) è una fatto che, guardato da qui, non può che lasciare a bocca aperta.

Amelia Andersdotter of Sweden's Pirate Party from andrewkeen on Vimeo.

Friday, September 18, 2009

Di chi è la colpa?

Allora, finito oggi il libro di cui qui. Un libretto che funziona, andrebbe tradotto anche in Italia, magari per capire il meccanismo per cui si dà retta a Feltri e del perché non basta dire che è falso o ininfluente quel che ha scritto.
Detto questo c'è qualcosa che non capisco.
Cass Sunstein sul finire del libro mette in fila due considerazioni che mi interrogano.
La prima

The internet allows damaging information to be provided to the world in an istant, and it also allows anyone to discover that information in an istant.
La seconda
The success or failure of rumors depends in large part on people's original convictions.
Non è che la seconda contraddice il presupposto della prima o almeno lo rende poco rilevante?

Saturday, September 12, 2009

quando io rido...... tu ridi

quando io parlo...... tu parli
quando io rido...... tu ridi
quando io piango...... tu piangi
quando io dormo...... tu dormi
quando io parlo...... tu parli
quando io rido...... tu ridi
quando io piango...... tu ridi
Il virus della felicità raccontato da Clive Thompson sul Magazine del NYTimes.

Thursday, September 10, 2009

Sinologia

A partire dalla chiacchierata di cui qui, oggi su Nova del Sole 24 Ore, un mio articolo sul maestropensiero.

Orso castano l'ha messo qui.

Friday, September 04, 2009

Dei geni veri

Rime baciate a partire da Tiziano Ferro.

Wednesday, September 02, 2009

Blasphemous Rumours

Cass Sunstein è una potenza all'interno della Casa Bianca. Amico da tempo di Obama (per dire, il NY Post lo chiama "l'Obama di Obama") e ora pure consulente per un bel po' cose come ambiente, informazione, salute, ecc., Sunstein ha scritto un libretto su come entrano in circolo e sopravvivono nell'opinione pubblica pirlate varie come quella che Obama era amico dei terroristi o che era musulmano. Il pamphlet si chiama On Rumors ed è istruttivo per capire anche le difficoltà di un'élite alle prese con la diversità della rete.

Sunstein quando sente parlare di internet perde un po' la trebisonda (gli era già capitato con Republic.com). Qui sostiene, tra l'altro, che un blogger è responsabile non solo di quello che scrive ma anche di quello che scrivono i suoi lettori-commentatori. Un po' come Angelino, insomma.