Tuesday, April 17, 2007

Chissà che ne avrebbe pensato Bobbio


Discutete pure se Hergé fosse di destra o di sinistra, grande questione sulla quale si lambiccheranno i posteri. A noi basta che ci abbia risolto l'infanzia.

copioincollo l'articolo uscito sabato su TTL de La Stampa per i 100 anni del padre di Tintin, Haddock e Milù.

Tintin di corsa fra destra e sinistra

TOM MCCARTHY
Le origini politiche di Tintin si collocano a destra, per usare un eufemismo. Il Petit Vingtième era un giornale di stretta osservanza cattolica e, come dice Hergé stesso a Numa Sadoul (cfr. Entretiens avec Hergé, Casterman 1983, n.d.r.) a quel tempo «cattolico» significava «antibolscevico». Significava anche antisemita. Il direttore del giornale, l’abate Norbert Wallez, teneva sulla scrivania una fotografia autografata di Mussolini. Molti dei giornalisti che scrivevano per lui avevano legami con il partito belga Rex, più o meno fascista. Questo orientamento politico non solo trovò espressione nei fumetti, ma fu la loro raison d’être. La prima avventura di Tintin è prima di tutto un pezzo di propaganda, che «svela» i mali del comunismo. La seconda, in Congo (che fu pubblicata in forma di libro in francese nel 1931 e, con grande scorno dei liberali europei, conserva un’enorme popolarità in Africa), ritrae gli africani come gente di buon cuore ma arretrata e pigra, bisognosa della dominazione europea. In I sigari del faraone e Il drago blu, entrambi pubblicati a metà degli anni Trenta, i cattivi sono tipici nemici della destra, figure chiave nel grande complotto mondiale del suo immaginario: massoni, finanzieri e, dietro a tutto, appena velato da un nome greco, un Rastapopoulos sfacciatamente semita. La vena destrorsa nell’opera di Hergé raggiunge l’apice quando, nella versione originale di La stella misteriosa, scritta per il giornale al culmine dell’era nazista, inventa un cattivo ebreo (il banchiere newyorkese Blumenstein) e mostra un negoziante di nome Isaac che si frega le mani soddisfatto quando sembra che il mondo stia per finire. Perché? Perché, come spiega al suo amico Solomon: «Devo 50.000 franchi ai miei fornitori, e così non sarò costretto a pagarli». Ma quasi nel momento stesso in cui prende piede, questa tendenza di destra viene affiancata da una controtendenza di sinistra. In Tintin in America, pubblicato in forma di libro nel 1932, Hergé fa una satira pungente della produzione capitalistica di massa e del razzismo americano (alla polizia accorsa dopo una rapina, l’impiegato di banca della cittadina dice: «Sono stati impiccati sette neri, ma il colpevole è fuggito »). In Il drago blu Tintin spezza la canna con cui un petroliere americano percuote un conducente di risciò cinese, esclamando: «Bruto! La vostra condotta è indegna di un uomo!». L’orecchio spezzato, anch’esso della metà degli Anni Trenta, contiene sequenze che, stigmatizzando l’avidità delle multinazionali e il cinismo dei trafficanti d’armi, sono prese di peso dal periodico di sinistra Le Crapouillot, che nel numero del marzo 1932 traccia il profilo del mercante d’armi sir Basil Zaharroff (o, come lo ribattezza Hergé, Bazaroff) e in quello del febbraio 1934 smaschera il ruolo delle grandi imprese nel conflitto Bolivia-Paraguay per lo sfruttamento dei campi petroliferi di Gran Chaco (o, come li ribattezza Hergé, «Gran Chapo»). Se destra e sinistra convivono per un po’, con il tempo la seconda sembra avere la meglio sulla prima, al punto che a metà degli Anni Settanta, in Tintin e i Picaros, l’eroe esibisce sul casco da motociclista il simbolo della campagna per il disarmo nucleare. Come viene ottenuto questo spostamento? Attraverso un complesso insieme di cancellature e rifacimenti che hanno salvato Hergé e la sua opera dal Simùn personale e mondiale che segnò la sua epoca: la seconda guerra mondiale. [...\] Negli Anni Settanta Hergé si era ormai reinventato come liberale di sinistra. Dice a Sadoul: «L’economia governa il mondo; i poteri industriali e finanziari condizionano il nostro modo di vivere. Naturalmente queste persone non portano il cappuccio nelle loro riunioni al vertice, ma il risultato è lo stesso! Produrre è il loro primo obiettivo. Produrre sempre di più. Produrre, anche se per farlo devono inquinare i fiumi, il mare, il cielo; anche se devono distruggere le piante, le foreste, gli animali. Produrre e condizionarci per farci “consumare” sempre di più, sempre più auto, deodoranti, spettacoli, sesso, turismo...». «Anche Tintin è contrario alla società dei consumi?» gli chiede Sadoul. «Assolutamente contrario, naturalmente!» risponde Hergé. «Tintin ha sempre preso le parti degli oppressi.» Non c’è motivo di dubitare che questa nuova presa di posizione sia sincera, anche se bisogna ammettere che nell’ambiente dei media e delle arti degli anni Settanta questa era la collocazione più conveniente, così come la collaborazione era la via più conveniente da seguire durante la guerra. Sia come sia, resta l’interessante paradosso che, malgrado il suo riallineamento politico, Hergé non cambia i suoi cattivi: uomini incappucciati, i congiurati segreti di I sigari del faraone, sono perfetti uomini di paglia per la sua visione di sinistra del mondo così com’erano stati per quella di destra. Fra cancellazioni e riscritture, si ripetono gli stessi schemi. Hergé non ha mai negato il suo spostamento da destra a sinistra, ma quando ne parlava tendeva a «correggerlo », presentandolo piuttosto come una fuga dalla politica verso un’ideologia dell’amicizia. \[...\] Hergé si «corresse» da destra a sinistra, e «corresse» il contrasto stesso fra destra e sinistra in un contrasto fra politica e amicizia. Ma se allarghiamo un po’ il quadro, vedremo che queste sono solo correzioni parziali nell’ambito della struttura generale di un contrasto più ampio: quello fra sacro e profano.\[...\] Il sacro e il politico sono legati insieme fin dall’inizio. In tutta l’opera di Hergé i fenomeni politici sono intrisi di attributi sacri. \[...\] Lo scetticismo che dilaga in Tintin nel paese dei Soviet ne è un buon esempio. \[...\] «I sovietici prendono in giro quei poveretti che credono ancora nel “Paradiso Rosso”» dice Tintin, usando concetti sacri come la fede e il paradiso, «svuotandoli» al tempo stesso di significato: il «paradiso» è falso, la fede malriposta. Anche in Tintin in America \[...\] il sacro è presentato come una truffa: «Mi lasci convertirla alla religione neo-ebreo-buddoislamo-americana, i cui dividendi sono i più alti in the world» dice un attivista a Tintin, agitando un volantino di propaganda. \[...\] Dal fascismo sacro all’amicizia sacra, fino a una versione vuota e profana di entrambi: questa è la via tracciata da Hergé attraverso il ventesimo secolo che si rispecchia nelle avventure di Tintin.

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