Avevo l’impressione che questa trasformazione del mercato del lavoro avesse fatto la sua parte nel formare, nel moltiplicare o solo nel concentrare l’attenzione su una particolare psicologia, su un preciso tipo umano: esattamente consapevole della propria impotenza, di una dolcezza esagerata, pietoso, dolorosamente strafottente, ostinatamente impegnata a far passare per casuale ogni attività intrapresa, ogni passione. Ai miei occhi, commovente.Carola Susani, nell'introduzione a Sono come tu mi vuoi, individua una nuova etica della precarietà per giovani, ma non troppo, che fanno i conti con solo un futuro a corto raggio, un futuro prossimo. Ma senza piagnistei e isterismi. Ci abbiamo scritto qualcosa qui.
Monday, March 30, 2009
Lascia che sia
Pubblicato da Alessandro Lanni a 12:33 PM
Etichette: Caffè europa, Io, precari
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1 comment:
Bello il suo articolo sul precariato nella scrittura (e nella cinematografia) recente. La scrittura, quando si occupa di problemi seri ponendoli all'attenzione del pubblico, accorcia le distanze tra le questioni e i soggetti coinvolti e non, come una presa di coscienza lenta e naturale. Come ha fatto Saviano: non ha detto nulla di nuovo, ma ha ribadito uno stato di cose che adesso è davanti agli occhi perplessi di milioni di lettori, di milioni di cittadini del mondo.
E sollevare questioni che attendono risoluzioni non può che farci bene.
Solo non sono d'accordo con le parole del sociologo De Rita: non si può invitare i giovani ad abituarsi all'attuale situazione lavorativa. Se così fosse, troppi trentenni e troppi quarantenni sarebbero costretti a rinunciare a una speranza - necessaria - di cambiamento e le loro menti sarebbero svuotate di quella fantasia che oggi permette loro di andare avanti. E, nel caso di scrittori e giornalisti, di continuare a scrivere. Non trova?
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